Se si dovesse dare una rappresentazione dei mercati forse l’immagine che più si potrebbe adattare è quella di un caterpillar (traduzione inglese della parola bruco, ricordando, il movimento dei cingoli, quello, appunto, di un bruco che avanza). Nulla, al momento, infatti, sembra fermare la loro crescita: non la guerra in Ucraina, ancor meno quella, forse più grave, visto il coinvolgimento di un più ampio numero di Paesi e la presenza di gruppi terroristici che, per quanto “falcidiati” da Israele, contribuiscono a tenere alta la tensione, in corso di svolgimento in Medio Oriente (indubbiamente la conferma più evidente di come, in questa fase, manchi un vero “leader mondiale” in grado di far valere la propria autorevolezza – non lo sono certo gli USA attuali, alla vigilia della scadenza elettorale, con un Presidente in carica “dimezzato” – un po’ come succede da noi in presenza di elezioni anticipate, dove il governo rimane in carica solo per gli affari “ordinari”). Né gli investitori sembrano preoccupati per le sorti dell’economia mondiale, afflitta da molteplici mali – bassa crescita in alcune parti del mondo – vd Europa e Cina – elevato debito (Europa), fatica a rimanere nei parametri stabiliti non più tardi di alcuni mesi fa (sempre l’Europa), crisi acclamata di alcuni settori “trainanti” (vd automotive: per rimanere nei nostri confini, clamorose le critiche all’AD di Stellantis, Tavares, da parte di alcuni esponenti di Governo e dello stesso Presidente di Confindustria, dopo la sua audizione alla Camera in cui aveva auspicato il ritorno di incentivi statali per rilanciare la produzione nel nostro Paese). Neppure le incertezze legate all’esito delle prossime, ormai vicine, elezioni che potrebbero anche arrivare a cambiare “l’ordine mondiale” (il 27 ottobre si vota in Giappone, 10 giorni dopo negli USA) sembrano scalfire le certezze di piccoli (si pensi che sempre negli USA le famiglie detengono oltre il 25% della loro ricchezza complessiva in azioni) e grandi risparmiatori.
Quali sono, allora, le ragioni che spingono a ritenere che le borse siano ancora in grado di “esprimere” valore?
In linea generale, l’andamento dei mercati si basa sul presente e forse ancor di più sulle aspettative future.
Il “presente” è fatto, per esempio, ancora dalla consapevolezza che il mondo, sebbene negli ultimi anni molte Banche Centrali abbiamo cercato di “ridurre” i loro bilanci (e quindi abbiano venduto titoli governativi in precedenza acquistati in grandi quantità), “naviga” in un “mare di liquidità”, propellente fondamentale per la loro tenuta prima ancora della loro crescita: la massa monetaria M2 (che comprende M1 – cioè il contante al di fuori del sistema bancario privato più i depositi in cc, ma anche asset ad “elevata liquidità” che non necessariamente devono essere “cash”) è passata dall’ottobre 2022 ad oggi da $ 96.000 MD a $ 110.000 MD (più o meno il PIL Mondiale).
C’è poi il tema dell’intelligenza artificiale, con una concentrazione in poche società (già note come “magnifiche sette”, anche se forse oggi sarebbe meglio chiamarle “magnifiche 6”, visto l’andamento piuttosto altalenante di Tesla).
Ma ancor di più a “tirare la volata” sembrano essere le aspettative future. A cominciare, tanto per cambiare, dalla previsione sugli utili. Si parla, infatti, per lo S&P 500, il “king maker” dei mercati, nel 2025 di un ulteriore balzo del 15%: fattore determinante se si vuole che i mercati salgano ancora. Già oggi la Borsa Usa “vale” 21 volte gli utili (cioè circa $ 268 per azione), senz’altro un “prezzo” caro. E quindi, se si vuole mantenere inalterato il multiplo, bisogna lavorare sul denominatore (la stessa cosa di quanto succede al rapporto debito/PIL: se lo si vuole far scendere, o scende il debito – difficile – o sale il PIL – più semplice, specialmente in presenza di una elevata inflazione, come è successo negli ultimi anni).
Un aiuto non da poco arriva poi dal “buy back”, vale a dire il “riacquisto” di titoli propri da parte di molte società (trovandosi le “casse” piene di liquidità, ricomprano i propri titoli, riducendone il numero in circolazione e creando, quindi, quell’effetto “scarsità” che è uno dei requisiti fondamentali per far crescere le quotazioni).
Senza contare, poi, delle politiche monetarie oramai tornate espansive e destinate a durare almeno per tutto il 2025, con attese di un numero di tagli del costo del denaro da un minimo di 5 a 7, con gli analisti che si spingono ad immaginare ribassi intorno all’1,50%.
Dopo i nuovi record di ieri sera a Wall Street (S&P 500 è arrivato al 46° da inizio anno), questa mattina i mercati orientali danno (non è una novità) segnali contrastanti.
Al rialzo del Nikkei a Tokyo (+ 1%) rispondono i ribassi di Cina e Hong Kong, dove, rispettivamente, Shanghai e l’Hang Seng retrocedono dell’1,58% e del 2,65%.
Leggero rialzo, a Seul, per il Kospi (+ 0,2%) e, a Taiwan, del Taiex (+ 1,1%).
Poco mossi i futures, tutti intorno alla parità.
Nuovo passo indietro per il petrolio, con il WTI a $ 71,16 (- 3,71% l’apertura di questa mattina), dopo che l’OPEC ha tagliato le previsioni di crescita, soprattutto per quanto riguarda la Cina, per il 2025.
Gas naturale Usa a $ 2,466 (- 1,24%).
Oro sempre in area $ 2.660 (2.659), – 0,24%.
Spread a 127 bp.
BTP al 3.55%.
Bund 1,28%.
Treasury ancora sopra il 4%.
€/$ a 1,0889.
Bitcoin tornato “tranquillo”, dopo il forte rialzo di ieri che ha portato le quotazioni oltre i $ 66.000 (questa mattina $ 65.760).
Ps: ieri, negli USA, si è svolto il Columbus day, in onore del grande navigatore (anche se la scoperta delle “Americhe” è datata 12 ottobre). E’ stata l’occasione, peraltro, per scalfire un’altra “certezza”. Per quanto, in passato, qualcuno abbia già sostenuto che Colombo non fosse italiano (e quindi tanto meno genovese), ora pare che ci siano “prove scientifiche” che dimostrino che le sue origini fossero ebraico-spagnole. A sostenerlo uno studio (ovviamente spagnolo) che si baserebbe sull’analisi del DNA sulle spoglie del navigatore, custodite a Siviglia. Tesi per lo meno “bizzarra”, basandosi sul fatto che, secondo i ricercatori spagnoli, in quell’epoca, nel nostro Paese, la “colonia” ebraica era piuttosto modesta. Noi continuiamo a pensarla diversamente, anche perché come facciamo ad immaginare Cristoforo Colombo che parla in catalano e non in genovese….